In Italia i tribunali di commercio ottocenteschi furono essenzialmente un lascito delle riforme napoleoniche e del codice di commercio francese del 1807. Già prima dell’Unità, l’innesto diede vita ad esperienze ibride dovute alla necessità di combinare il modello francese con peculiarità locali, tradizioni istituzionali e influenze dottrinali diverse: un problema non soltanto italiano, ma ampiamente europeo. La pluralità di sistemi che ne scaturì evidenziò contraddizioni di fonti, di procedure e di forme di organizzazione della giustizia commerciale, che rappresentarono una ricca ma onerosa eredità per il nuovo Regno d’Italia. Il fecondo e suggestivo dibattito giuridico e l’obliquo itinerario di progressive proposte normative è il primario oggetto di questo libro. L’approdo finale fu l’abolizione dei tribunali di commercio: un’occasione mancata, ma furono poste le basi per un’improcrastinabile riforma dell’intero ordinamento.
La legislazione napoleonica - tra giudici e mercanti - quid faciunt leges, ubi sola pecunia regnat? - piccoli passi al posto di riforme organiche - la fine della giurisdizione commerciale?- indice dei nomi.
E’ ricercatrice di Storia del diritto medievale e moderno presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi del Sannio di Benevento, dove insegna Storia dell’esperienza giuridica moderna. Ha compiuto soggiorni di ricerca e ha partecipato a convegni in Italia e all’estero. È autrice di numerosi saggi in materia di storia del diritto commerciale nell’Ottocento.
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